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Il luccicante mondo dell'editoria

Aggiornamento: 14 giu 2023

Ricordo datato 2012. Avevo da poco pubblicato il mio secondo romanzo e la casa editrice mi invitò a presentarlo a Bellano nel corso di un evento intitolato "Piccoli editori in fiera".

Sarebbe stata un'ottima occasione per incontrare lo scrittore lecchese Andrea Vitali.

Come rinunciarci?

Peccato che di Vitali nemmeno l'ombra e per di più la grande occasione si trasformò in un piccolo incubo da dimenticare.


Ecco il resoconto di quella giornata piovosa e superflua.

 

Diciamocelo allegramente: ciò che scrivo può risultare, a molti, sciocco, inutile e puerile. Non sono laureata, non ho rispettabili basi culturali, non ho una grande personalità.


Scrivo come si potrebbe scrivere una lista della spesa, un elenco di impegni da svolgere, una serie di sostantivi, verbi e aggettivi che, a fatica, formano una frase di senso compiuto.


Non posso definirmi un bluff, perché non ho raggirato nessuno. Diciamo che ho pubblicato un paio di volte per caso (o per un ego smisurato), ho vinto un concorso letterario per pura fortuna, ho avuto riconoscimenti per mancanza di partecipanti più agguerriti.


Non mi sono mai montata la testa, non ho mai pensato di diventare famosa, non ho mai creduto neppure nelle mie presunte potenzialità. Ho sempre accolto serenamente le tantissime critiche e non ho mai considerato troppo seriamente i pochissimi complimenti.


Non voglio elevarmi a Santa dei Finti Scrittori: più che umile (ma di fatto credo di esserlo), mi definisco insicura.


Ogni tanto qualcuno mi chiede "ma non scrivi più?". Sarei tentata di rispondere "e tu mi hai mai letto?". Perché il dubbio rimane.


Lo ammetto: voglio togliermi qualche sassolino dalla scarpa e il presupposto è l'ultima presentazione del mio secondo elaborato (non romanzo, non libro: semplicemente un centinaio di paginette paragonabile a un tema delle superiori, dal titolo altisonante – peraltro neppure scelto da me – "Al di là degli occhi").


Ero sul Lago di Como (o di Lecco? Il dubbio rimane…ma non ho fatto il Classico e neppure lo Scientifico: sono soltanto diplomata Perito Aziendale Corrispondente in Lingue Estere). La location era perfetta, il tempo no: la pioggia insistente non aiuta a far uscire di casa le persone, soprattutto per un evento legato alla piccola editoria indipendente.


La mia presentazione era prevista a mezzogiorno, prima di un aperitivo offerto dagli organizzatori. Per una volta mi sono permessa di essere positiva: ingenuamente ho pensato che una bevuta gratuita avrebbe richiamato qualche spettatore in più. Ma siamo sul Lago di Como (o di Lecco), non a Sacconago, quindi la parola "gratis" non esalta quasi nessuno.


Ha aperto la "kermesse" letteraria una ragazza di 19 anni con il suo romanzo di 400 pagine. Osservavo esterrefatta quei 5 centimetri di spessore e intanto tentavo di nascondere il mio striminzito libercolo chiedendomi cosa diavolo ci facessi lì di fronte a una così giovane e prolifica scrittrice. L'ho ascoltata con curiosità e intanto le invidiavo l'età, il sorriso e quel tomo immenso che accarezzava delicatamente.


Si è presentata dicendo che legge da sempre, che è cresciuta con Geronimo Stilton e Harry Potter (menzionare un paio di classici non avrebbe fatto poi tanto male) e che ha scritto l'unica realtà che conosce, ovvero la scuola (grazie al cielo esistono ancora tante ragazze acqua e sapone).


Ha raccontato la trama: una storia d'amore fra due liceali dai nomi improbabili e dai caratteri piuttosto stereotipati. Non che abbia nulla contro i romanzi d'amore e i nomi assurdi, ma mi sono chiesta (e continuo a chiedermi) se 400 pagine non siano un tantino troppe per raccontare il primo amore adolescenziale. Ma chi sono io per mettere in dubbio l'immensa capacità di elaborare un romanzo corposo? Proprio io, che con enorme difficoltà, riesco a mettere la parola "fine" a pagina 98.


Ho applaudito, le ho sorriso con affabilità e poi ho atteso la presentazione seguente. Tanto dolce, sorridente e allegra era la giovane Brontë, quanto serio, sostenuto e compassato è apparso l'autore seguente.


Improvvisamente mi sono sentita proiettata in un talk show di Maurizio Costanzo.


Accanto allo scrittore, giornalista e storico (a me sconosciuto: sono ignorante e quindi non bazzico i salotti letterari), un regista (al suo attivo un unico documentario) nonché ispiratore della storia narrata dal suo amico.


Gambe accavallate, braccio disteso sulla spalliera della poltrona, voce sommessa: entrambi si sentivano a loro agio, sicuri delle loro argomentazioni, forti della loro cultura.


Non nascondo i miei limiti e a stento ho trattenuto uno sbadiglio dopo quasi un'ora di presentazione scialba e monotona, intervallata saltuariamente da complimenti alla giovane autrice che li aveva preceduti (il perché di tale piaggeria non mi è dato di sapere, ma riesco comunque ad addormentarmi serenamente la notte).


Io, sempre seria e attenta, esprimevo dentro di me il desiderio ancora più forte di essere altrove: poteva il mio romanzetto vuoto e insulso competere con l'ennesima storia sulla seconda guerra mondiale?


E dopo un interminabile fiume di parole, supportato da un modellino di sottomarino (perché le cose si devono fare bene e con dovizia di particolari - scema io che non ho portato una gigantografia delle Isole Faer Oer), è arrivato il mio turno. Prima di sedermi sulla poltrona destinata alle quasi celebrità (saranno famosi?), ho stretto la mano alla "mia presentatrice". Escludendo le domande d'obbligo a microfono acceso, la sua prima e unica osservazione è stata "complimenti per il suo lavoro. Se posso farle una critica costruttiva avrebbe dovuto scrivere di più, anche se neppure a me piacciono i romanzi troppo prolissi", accompagnando la retorica con un gesto piuttosto eloquente su quanto sia stata, per lei, una lettura piacevole, ma trascurabile.


Il sorriso, anche in quell'occasione, non mi ha abbandonato, ho risposto con un entusiastico "grazie" e ho cercato di testare la sua cultura letteraria nominando David Foster Wallace - il primo autore decisamente prolisso che in quel momento mi è saltato in mente (perché alla fine, spesso e volentieri, il diavolo in me si risveglia dal torpore). La sua risposta è stata "non ho mai letto nulla di lui".


Ingenuamente ho sperato fino all'ultimo che almeno i miei "predecessori di presentazione" presenziassero al mio "show", ma chi sono io per meritare un tale privilegio?


Di fronte a me quasi nessuno (il marito, un paio di organizzatori e il mio editore). Avrei voluto interrompere e dire alla mia arguta critica letteraria "mi scusi, ma cosa siamo qui a fare che tanto nessuno ci c**a?" Sì! Avrei voluto usare veramente quella espressione volgare, tanto per trasmettere il disagio e l'imbarazzo che stavo provando, ma – ahimè – sono una professionista, non della scrittura, ma della buona creanza.


Sentivo e vedevo i due scrittori parlare fra loro a voce piuttosto elevata, fregandosene completamente della mia presenza.


Facendo buon viso a cattivo gioco ho proseguito stoicamente il mio soliloquio non sapendo se guardare in faccia l'intervistatrice o osservare le sedie vuote in platea.


Ho imbastito qualche frase, sicuramente infarcita di congiuntivi errati, e ho terminato ringraziando (di che e chi?). Mantenendo inalterato il mio sorriso da ebete, mi sono avventata sul buffet (in qualche modo dovevo ammortizzare la spesa dei biglietti ferroviari) e ho trascorso l'unica ora piacevole della giornata con mio marito, l'editore e un'altra espositrice.


Lo ammetto pubblicamente: mi vergogno di quanto ho scritto, mi vergogno di aver pubblicato due romanzi ingrossando inutilmente il vasto mercato editoriale, mi vergogno di aver avuto l'arroganza di credere di avere un qualche talento creativo.


Ritornare nell'ombra sarebbe auspicabile…ma credo sia inutile, visto che non sono mai stata al sole, per lo meno a livello letterario.


Puntualizzazione necessaria: Bellano è un comune in provincia di Lecco sulle sponde del Lago di Como.... Ora dormiamo tutti molto più sereni :-)







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